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Manifestazione alpini: il racconto della giornata, foto e video

 

Nel ricordo dei caduti di tutte le guerre e in particolare del sacrificio degli alpini abruzzesi in Russia, oltre diecimila penne nere provenienti da tutta la penisola hanno sfilato ieri tra Isola e San Gabriele sotto un sole primaverile.

Arrivano i nostri!Anticipati dalla Banda di Cerchiara, chiude la sfilata il gruppo Alpini di Isola del Gran Sasso.Grazie per aver organizzato anche quest'anno una bellissima manifestazione. #WIsola

Pubblicato da Isola del Gran Sasso su Domenica 21 febbraio 2016

Sullo sfondo il Gran Sasso innevato. Ad accogliere gli alpini di ieri ma anche di oggi, vista la presenza di una nutrita rappresentanza della 108ª compagnia del nono reggimento alpini L’Aquila guidata dal comandante Ivan Votta, tanta gente comune, raccolta ai margini della strada dove si svolgeva la sfilata, e le autorità politiche e militari.

In prima linea il sindaco di Isola Roberto Di Marco, seguito da uno stuolo di sindaci abruzzesi e non, il presidente della Provincia Renzo Di Sabatino e gli addetti militari delle ambasciate americana David Appezzato e romena Georgian Nedelco.

Il palco delle AutoritàSul palco, allestito all’ingresso del piazzale del santuario di San Gabriele, invece sedevano i veri protagonisti di questa 24ª commemorazione dei caduti di Selenyj Jar: Valentino Di Franco, Ercole Nori e Alfredo Di Pasquale, 94 anni ciascuno, tra gli ultimi reduci di quel maledetto fronte russo dove tanti abruzzesi del battaglione L’Aquila persero la vita.

I tre reduci della ritirata dalla RussiaValentino, che regge con fierezza fra le mani il gagliardetto della 108ª compagnia appena ricevuto in dono, è ormai un habitué ad Isola, lui che ci è nato ma risiede a Monterotondo. Gambe amputate dal ginocchio ai piedi, fu lasciato indietro durante la ritirata dai suoi commilitoni ma riuscì comunque a mettersi in salvo trascinandosi con le gambe congelate. «Guarda qui, c’è un altro alpino come me, 108ª compagnia», dice nel presentare con fierezza Alfredo Di Pasquale, nato a Castel Castagna ma residente a Castelli. Anche lui, che indossa un cappello dalla penna consumata dal tempo, porta su di sé i segni visibili di quel “quadrivio insanguinato”. «Sono stato 15 giorni in prima linea», ricorda con visibile commozione, «senza mangiare e bere, a 40-45 gradi sotto lo zero, senza neanche poter andare al bagno. Abbiamo sfidato la morte, noi. Ma in tasca con me avevo sempre l’immagine di San Gabriele».

Alfredo ricorda la ritirata: «Camminammo due nottate ed una giornata fino a quando non arrivammo in una casa bombardata. Qui i miei commilitoni nel togliermi le scarpe mi staccarono anche la pelle. Era tutto un grumo di sangue. Avevo i piedi congelati. Poi mi misero un giornale davanti agli occhi per non farmi vedere e mi amputarono alla buona i due piedi. Svenni per il gran dolore. Pensavano che morissi e il cappellano mi diede l’olio santo. Rientrai in Italia con la barella e con le mani ancora fasciate ricevetti all’ospedale di Pistoia questa». E mostra con fierezza una medaglia di mutilato di guerra che porta al petto. «Fu Mussolini con le mani sue a consegnarmela, insieme ad un attestato di riconoscimento che ancora oggi conserviamo (indicando la moglie Ines al suo fianco, ndc)».

Il gruppo Alpini di Isola

Il gruppo Alpini di Isola

Accanto a loro un altro reduce, Ercole Nori di Cerchiara, stringe con fierezza un altro gagliardetto: quello della 143ª compagnia. «Di notte ci bombardavano e di giorno ci mitragliavano», racconta Ercole, «io mi tuffavo nella neve con la testa sotto la slitta per ripararmi. Ho passato i guai. Io ed un commilitone per salvarci ci attaccammo di nascosto (quando i tedeschi non ci potevano vedere) alle maniglie di un treno merci tedesco e viaggiammo così tutta la notte fino all’Austria. Avevo con me un’immagine di San Gabriele. E’ lui che ci ha protetti quella notte. Scendemmo dal treno con le ginocchia. Avevamo mani e piedi congelati. Al rientro in Italia con il treno eravamo così malridotti che ci coprirono con delle coperte per non farci vedere dalla gente»

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Fonte: Il Centro