Piano Regolatore, intervista all’architetto Gianni Ricci

 

Uno dei due progettisti del Piano Regolatore risponde ad alcune domande sul nuovo prg ed aggiunge nuovi elementi di discussione ed elementi di chiarezza sulle novità introdotte.

Nella seduta di Consiglio Comunale del 30 luglio 2010 è stata approvata la nuova variante al Piano Regolatore Generale. Dopo la pubblicazione della relazione di presentazione, ecco un’intervista all’arch. Gianni Ricci, che insieme all’arch. Luigi Santarelli ha curato la stesura del nuovo prg.

Finalmente dopo 16 anni arriva il nuovo piano regolatore, è diventato quasi maggiorenne: quali sono i punti di forza e le novità che introduce il Piano?

Va detto che il Piano ha avuto vicende alterne è stato presentato una prima volta nel 1998 come Piano Regolatore Esecutivo ed è rimasto nel cassetto per molto tempo. Successivamente e stato necessario modificarlo in Piano Regolatore Generale, che è uno strumento abbastanza diverso, ed è stato nuovamente consegnato nel 2005. Solo nel 2008 è stato ripreso e ripresentato nella forma adottata nell’ultimo Consiglio Comunale.

Non mi dilungo sui motivi delle attese e delle sospensioni penso però che aver adottato oggi un nuovo Piano sia stato un grande passo avanti per la collettività e possa essere ritenuto a ragione un vanto per gli attuali amministratori.

Vorrei dire prima di tutto quello che un Piano non può fare.
Un Piano non può condizionare le scelte di vita delle persone, ovvero la gente è libera di scegliere dove vivere e come vivere a prescindere dalle decisioni pianificatorie di un urbanista per quanto bravo ed accorto egli sia. Ecco perché “pianificazione” è un termine che non mi piace tanto, anzi ritengo che in alcuni casi sia un sostantivo privo di significato in una società strutturata come la nostra.
Se chiedessimo a dieci esperti quali sono le previsioni demografiche per il nostro comune avremmo certamente dieci risposte diverse e contrapposte.
Se pensassimo per esempio a chi, negli anni ’70, ha svolto la “pianificazione” per il nostro comune ci accorgeremmo che aveva previsto uno sviluppo demografico, che sul finire degli anni ’90 , avrebbe dovuto raggiungere i 13.000 residenti, ma oggi siamo a mala pena 5.000 anime. Non mi pare una previsione molto azzeccata. E allora direte voi a cosa serve un Piano Regolatore?
Per il nostro Piano, più che un obiettivo quantitativo,(necessario per legge) abbiamo preferito assumere un obiettivo condiviso e concreto, cioè abbiamo puntato su quello che la gente vuole, che in sintesi è fare di Isola una cittadina VIVIBILE EFFICIENTE e magari ATTRATTIVA.

Pensiamo di raggiungere questi scopi con tre modalità convergenti:

  1. Rinnovando e riqualificando il tessuto abitativo per limitare il consumo del suolo. Ovvero si darà la possibilità di intervenire solo dove la mano dell’uomo ha già agito.
  2. Riqualificando gli spazi pubblici attraverso la dotazione di aree verdi a scala territoriale con un parco fluviale e con una serie di parchi territoriali con funzioni specialistiche di servizio al turismo ed al cittadino; introducendo l’obbligo di realizzare o piccoli spazi verdi attrezzati o strutture di servizio a livello di quartiere, quando si costruisce una palazzina.
  3. Salvaguardando delle aree agricole residue poste in ambito periurbano al fine di evitare lo spreco di territorio fertile tanto utile all’equilibrio ecologico e paesaggistico della nostra cittadina e delle nostre frazioni.

 

Ma perché la città secondo lei non dovrebbe espandersi ancora, bisogna rinunciare allo sviluppo?

No, paradossalmente smettendo di crescere urbanisticamente, non si rinuncia allo sviluppo, ma si aumenta la qualità della vita rispondendo ai tre obiettivi sintetizzati in premessa. E poi consumare suolo ritengo che non sia moralmente corretto perché l’espansione infinita ed indistinta della città costa sia in termini economici che in termini ecologici. Bisogna evitarlo non crede?

 

Come pensa che il Piano possa raggiungere questi scopi? Con quali risorse?

Con un nuovo patto di solidarietà tra pubblico e privato. Mi spiego.
Storicamente il Piano è stato sempre vissuto come una imposizione dall’alto dell’Ente pubblico che decide, vincola, impone magari in base alle convenienze del politico di turno. Aggiungerei anche che il vecchio Piano di Isola ha avuto delle regole poco chiare soggette ad interpretazioni anche arbitrarie. Interpretazioni che hanno spesso premiato i furbi compromettendo anche, i maniera ingiustificata, il rapporto che dovrebbe esserci tra istituzioni e cittadino.

Il nuovo Piano propone invece una relazione virtuosa tra pubblico e privato che ha come obiettivo un nuovo modello di città in cui l’Ente pubblico avrà un ruolo di regia e di garante del rispetto delle regole, che sono chiare, semplici e adattabili alle varie esigenze, se convergenti verso gli scopi comuni. Al privato invece verrà dato il compito di realizzare i vari tasselli di cui è composto il Piano nel rispetto delle regole date e condivise.
Gli strumenti a disposizione sono molteplici e complessi,diciamo che i principali, che interagiscono a diversi livelli, sono:

  • Il comparto che ha come scopo quello di ricucire il tessuto urbano e di definire in maniera semplice la forma ottimale dell’assetto urbano di piccoli brani di città.
  • La perequazione che è uno strumento utile per combattere la rendita urbana, ovvero è lo strumento che permette a tutti di partecipare ai benefici economici che il Piano innesca.
  • La sussidiarietà che è il sistema per far partecipare il privato alla realizzazione di servizi di attrezzature di infrastrutture che altrimenti l’Ente, per mancanza di fondi, non potrebbe realizzare.

 

Molte zone di Isola e frazioni sono state cementificate in modo selvaggio e disordinato negli ultimi decenni, ne avete compreso i motivi? Il Piano individua dei rimedi e quali limiti e vincoli impone?

Gli scempi, che lei giustamente evidenzia, che sono sotto gli occhi di tutti, derivano dalla mancanza di regole: regole certe, regole giuste.
Ritengo, ma è una mia idea, che il 5% ( più o meno) della popolazione, passi il suo tempo a cercare di aggirare le regole, ed evidentemente ci riesce. La parte rimanente, il novantacinque percento, la società civile, le regole le rispetta e a volte le subisce non riuscendo a realizzare neppure ciò che sarebbe legale. La causa è della complessità delle norme, fatte per evitare magari che i furbi riescano ad aggirarle mentre per un paradosso kafkiano, le stesse regole diventano il maglio dell’illegalità.

E allora? Allora le regole vanno scritte in maniera chiara e puntuale.
Per altro verso a volte le regole sono palesemente ingiuste per cui, e qui mi riferisco per esempio al caso Cerchiara, dove le regole del vecchio Piano prevedevano una possibilità di espansione edilizia ridicola rispetto alle necessità effettive di sviluppo (14%). Il risultato è che si è avuto un “abusivismo di necessità” amplificato dalla inadeguatezza del progetto urbanistico.

Per le stesse regole d’altra parte era evidente che a Forca di Valle, si aveva una disponibilità incommensurabilmente maggiore di aree edificabili e il vecchio Piano prevedeva un incremento pari al addirittura 629 %.

Data l’analisi e viste le situazioni a contorno è stato necessario tentare di porvi rimedio. Come?
Per Cerchiara con quella che già chiamano denigratoriamente “New Town” , che in realtà è un quartiere nuovo da porre a ridosso di Colle Romano. I censori ignorando evidentemente la storia dell’urbanistica ed il significato profondo che le “città giardino” hanno avuto sulla storia evolutiva della città moderna, volevano offenderci. Ignorano, i censori, anche che Cerchiara , per intero è posta su una immensa frana e che quindi necessita un’idea urbanistica risolutiva, se ne hanno una migliore si facessero avanti…
Per Forca invece, evitando di fare delitti, si è tentato un riequilibrio attraverso un taglio delle aree edificabili.

 

Lei quindi giustifica “l’abuso di necessità”

Volevo dire che se in alcuni casi si ravvisano ragioni per il caso Cerchiara non si può dire altrettanto per situazioni come quella ad esempio di San Pietro in cui a fronte di un’ampia, anzi eccessiva disponibilità di spazi edificabili si è preferito adottare massicciamente la scorciatoia dell’abuso. Questo lo si evince dallo studio approfondito condotto sui condoni edilizi, contenuto all’interno della relazione generale a corredo del Piano
Nello studio si evidenzia che a Cerchiara ci sono 47 metri quadrati abusivi per ogni abitante a fronte di una disponibilità potenziale incrementale del 14% (potevano espandersi solo del 14% rispetto all’esistente) mentre a San Pietro rileviamo 45 metri quadrati abusivi per abitante ma con una disponibilità potenziale incrementale del 219%. E’ evidente che le tipologie di abuso sono diverse. Senza per questo voler demonizzare nessuno e se l’analisi serve a qualche cosa essa rende evidente n chi sono i “cattivi” più cattivi degli altri. No?

 

Come avete effettuato questi tagli? Con quali criteri?

Il Piano contiene un corposo dossier di analisi, abbiamo fatto uno sforzo per sintetizzarne i risultati e poterli rendere leggibili a tutti, perché si fa un gran parlare di cose che non si conoscono, arrivando a conclusioni ridicole. Per questo di seguito riportiamo una tabella, spero significativa, dalla quale si evince come sono stati operati i tagli di riequilibrio. La tabella deriva, ci tengo a dirlo, da uno studio di dimensionamento molto sofisticato e preciso.

Tabella PRG

Nelle prime due colonne vengono riportati gli abitanti virtuali del nuovo piano (colonna a) e del Vecchio Piano (colonna b). Gli abitanti virtuali sono quelle persone che se si costruissero tutte le case previste dal Piano abiterebbero in un luogo. Tranne Trignano Capsano San Giovanni, e Cerchiara per tutti per gli altri abitati si prevedono delle riduzioni.
Nella colonna “g” si evidenziano i risultati dei tagli e degli incrementi in termini percentuali. Se si osservano i risultati sull’ultima riga si nota che mediamente i tagli sono stati del 25% se si osservano i valori sulla colonna “f” si evidenzia che in fase di adeguamento dello strumento, dopo le osservazioni, è più probabile che vengano ritoccate a rialzo le aree di Casale San Nicola ed al ribasso quelle di Forca.
Altro elemento interessante da evidenziare è che l’indice fondiario globale di riferimento, indice che misura la cubatura per metro quadrato edificabile e passato da 1,79 mc/mq a 1,29 mc/mq anche se la superficie edificabile è rimasta sostanzialmente uguale ovvero è pari a circa 130 Ha. Ciò significa che si costruiranno edifici più bassi ovvero a due o tre piani e che chi ha comprato un lotto edificabile con ogni probabilità non si vedrà sottratto il bene.

 

Per le attività produttive e commerciali quali novità e opportunità sono previste?

 Ve ne sono molte ne posso ricordare solo alcune. Per la zona artigianale si sono modificate definitivamente le regole che ne specificano l’utilizzo. Avendo oggi la disponibilità sufficiente di parcheggi l’attività artigianale può ospitare anche spazi commerciali.
Sono state introdotte delle aree commerciali che hanno un regime urbanistico specifico dove si potranno svolgere attività anche di media dimensione con indici di sfruttamento particolari. La principale è posta a ridosso del parcheggio di San Gabriele in un’area quasi completamente pubblica.
In alcune aree a ridosso del santuario, potranno essere incrementate delle cubature per accogliere servizi specialistici legati al turismo religioso.
Nelle aree di attività produttiva rientrano a pieno titolo le aree agricole. In queste zone i manufatti esistenti potranno accogliere anche piccole attività legate all’artigianato locale e alle attività di piccola trasformazione di prodotti tipici, si potranno realizzare altresì attrezzature sportive limitatamente a microimpianti o esercitare attività extra alberghiere.

 

Nel Consiglio Comunale si è parlato brevemente di parco fluviale, può dettagliare meglio cosa prevede il piano nelle zone lungo i corsi d’acqua del nostro territorio?

Su un’area molto vasta che è di circa 80 ettari a ridosso dei fiumi e delle aree golenali si è previsto lo sviluppo di un parco naturalistico fluviale. Il polmone verde è suddiviso in due sottoambiti (PT1/a e PT1/b). Il primo indirizzato verso la salvaguardia degli aspetti naturalistici il secondo più strutturato a servizio del centro urbano e destinato al completamento organico ed all’incremento delle attrezzature gia esistenti. I contenuti specifici verranno stabiliti in fasi di progettazione successive. Per agevolarne ed incentivarne l’acquisizione da parte dell’Ente pubblico è previsto il ricorso alla perequazione urbanistica. In questo caso significa che se il proprietario cede gratuitamente la proprietà all’Ente pubblico l’ Ente potrà concede una cubatura proporzionale al valore del bene da spostare in altri ambiti del territorio capaci di accoglierle.

 

Almeno pubblicamente non si è fatto nessun riferimento ad un aspetto molto dibattuto in questo periodo, il risparmio energetico applicato agli edifici: sono previsti nuovi requisiti per le nuove costruzioni?

Questo aspetto è già normato convenientemente da leggi nazionali, ma anche con il Piano ce ne siamo occupati in maniera direi approfondita. C’è uno specifico articolo il XIV.7 che se ne occupa e che oltre a suggerire delle modalità esecutive specifiche propone degli incentivi (riduzione degli oneri concessori) per chi applica criteri bioedili per la realizzazione della propria abitazione.

 

Ha mai avuto pressioni o indicazioni dalle diverse amministrazioni comunali per effettuare modifiche che lei, come architetto, pianificatore territoriale e urbanista non ha condiviso? Se si, ci può dire quali?

Oggi quando si progetta un Piano si hanno tantissimi condizionamenti dovuti alle norme dei Piani sovraordinati, direi che bastano. I margini di manovra “politica”, le assicuro, sono molto molto limitati. Il Piano però è e deve essere uno strumento politico perché determina la qualità della vita di un luogo per decenni ed è giusto quindi che l’amministratore dia il suo taglio. Il politico quindi, su certi aspetti è tenuto ad intervenire. Comunque, è adesso che si deve aprire un dibattito, un confronto approfondito sul Piano attraverso gli incontri con la cittadinanza e con lo strumento delle osservazioni. Fin qui i politici hanno fatto la loro parte dimostrando di avere “il fegato” di proporre un Piano nuovo, che a prescindere dalla sua qualità dà fastidio specie a coloro che lucrano pesantemente sull’immobilismo.
Adesso andrà vagliata la maturità dei cittadini che spero riescano a cogliere e condividere gli obiettivi generali che ci siamo prefissati, guardando oltre lo steccato del proprio orticello.