Ludovico De Angelis nacque ad Isola del Gran Sasso (Te) il 25 giugno 1839 dal dott. Antonio, giurista e filosofo e da Caterina, della nobile famiglia dei Cappelli di S. Demetrio ne’ Vestini.

[tabs style=”default” title=”Vita e opere”] [tab title=”La vita”]

Ludovico De Angelis

Ludovico De Angelis

Ludovico De Angelis attese ai primi studi in famiglia, assistito dal padre Antonio; quindi fu mandato a studiare, insieme al fratello Giovanni, nel Collegio dei Gesuiti a L’Aquila, dove rimase fino al diciottesimo anno di età; qui, il suo ingegno poetico ebbe modo di distinguersi subito, partecipando ad una pubblica accademia su un saggio di filologia sulle teorie di estetica riguardanti la poesia, conseguendo il primo premio. Da L’Aquila passò a Teramo presso la scuola dei Barnabiti, dove ebbe il rispetto e l’apprezzamento di quanti lo conobbero. Qui, ventenne appena, diede i primi chiari saggi della sua vena poetica componendo due bellissime liriche per la morte della zia Rita De Angelis, in occasione del matrimonio della sorella Marietta, che andava sposa al barone Henrici di Chieti.

A Teramo, conobbe Settimio Costantini, al quale si legò con vincoli di profonda amicizia e stima. Appena ventenne venne nominato Capitano della Guardia di Isola, ma spirito fiero e senza macchia, avverso ad ogni tipo di compromissione politica, lasciò ben presto l’incarico e si diede a sferzare con sprezzanti versi satirici quanti trafficavano nella corruzione. Famosa una sua feroce satira contro il sindaco dell’epoca, Giuseppe Ciavarelli.

Nel febbraio del 1861 si trasferì a Napoli dove si iscrisse alla Facoltà di Lettere, e proprio qui, all’età di venticinque anni, lo colse la grave malattia mentale che lo portò al manicomio di Pesaro e quindi in quello di Macerata, dove morì il 25 Giugno 1900.[/tab] [tab title=”Le opere”]

Nei brevissimi anni della sua esistenza letteraria, Ludovico scrisse moltissimo. La sua ricca produzione poetica è stata quasi totalmente data alle stampe: in parte in vita e subito dopo la morte, ed in parte, la più cospicua nel 1931, raccolta in un volume critico dal Prof. Pietro Verrua, dal titolo “Riflessi ed echi della patria nelle Rime di Ludovico De Angelis“.

Odiava i Borboni che allora “signoreggiavano per le nostre belle contrade”. Nel suo cuore c’era Garibaldi al quale avrebbe dedicato tutta la sua esistenza. Quanta fede in lui, quanto trasporto per la bianca croce dei Savoia, sfavillante sul Campidoglio  redentrice d’Italia. La guerra fu dal De Angelis cantata e ricantata con tutto il trasporto del suo cuore, perché nella guerra egli vedeva l’unico mezzo di liberazione dallo straniero. In ogni carme, in ogni brindisi, erano introdotti dal poeta i nomi a lui sacri di Garibaldi e di Vittorio Emanuele: profetizzò la redenzione di Roma e Venezia.

Non nascose mai, neppure di fronti ai nemici, i suoi sentimenti monarchici, il suo spirito di Italianità. All’amico Settimio Costantini dedicò una squisita e significativa epistola intrisa di profonda tristezza, piena di accorati ricordi e di amare confidenze. Bello e profondamente sentito il carme dedicato alla memoria di Raffaele Menei, il caro amico, fervente patriota, tradito da un perfido, finto amico che lo fece arrestare, e condannare a morte. In versi bellissimi il De Angelis racconta l’angosciosa vicenda, la tragedia che sconvolse l’esistenza del patriota:

[quote style=”boxed”]… Addio , beati
Gioghi dell’Appennino, o falde amiche,
da zeffiri trascorse, ed irrigate…[/quote]

Nel ’60 compose un inno nazionale vibrante di amore per la Sicilia e di fede nel “biondo eroe”, in cui dice tra l’altro:

[quote style=”boxed”]O Sicilia, se fosti deserta,
Se di sangue ti fecero orrenda,
Ecco, sorge vendetta tremenda
Di quel sangue che sparsero in te.
Già si pugna, già vili son rotti,
Già trionfan le sante bandiere:
Dove son le borboniche schiere?
Dell’Europa l’obbrobrio  dov ‘è?[/quote]

[box type=”note” style=”rounded” border=”full”]Da Riflessi ed Echi della Patria nelle Rime di Ludovico De Angelis, di Pietro Verrua, pag. 120. La poesia di Ludovico De Angelis[/box] .

[/tab] [tab title=”Il Ritorno”]Come testimonianza della stima degli Abruzzesi verso De Angelis presentiamo un articolo pubblicato sul Corriere nei giorni della sua morte dove viene raccontato il viaggio della salma da Macerata ad Isola:

[quote style=”boxed”]”…la mattina del 27 alle ore 6,30 la salma di Ludovico mosse alla volta di Teramo, accompagnata dall’inconsolabile fratello e dal noto sig. Achille Romani. A Giulianova attendeva una commissione di cittadini Isolani composta dei signori Giuseppe Dott. Tattoni, Giuseppe De Antoniis, Filippo Ciavarelli, Eugenio farm. De Plato, Fileno De Amicis, Filippo notaio Celli, i quali espressero al loro amato concittadino ed amico cav. Giovanni, a nome loro, delle loro famiglie e della cittadinanza intera, i sensi del più vivo dolore per la sventura sofferta. La salma giunse a Teramo col treno di mezzogiorno. Erano a riceverla il sindaco cav. Paris, gli assessori Campanella, Moruzzi, Mosca, Mezucelli, il preside del Liceo. Si arriva a Tossicia dove si trovano le manifestazioni di stima e di schietta benevolenza. Il corteo aumenta: alle Autorità  civili della vicina Montorio si associano quelle di Tossicia e di Isola. Anche la bella Ornano Grande sente vivo l’affetto per il prediletto delle Musa: quei cittadini quasi piangenti accolgono la cara salma di chi ammirarono nel fiore degli anni. Già  si è prossimi al convento dei Passionisti, dove farà  sosta la salma adorata, mentre i cordoni del feretro son sorretti dagli assessori di Isola, signori Ciavarelli Filippo, Filippo De Antoniis, Raffaele Iezzoni e Filippo Celli. Tutti i villaggi, tutta Isola si riversano nel sito ameno con una rispettabile rappresentanza di Castelli, venendo ciascuno ad inchinarsi dinanzi al gelido cadavere di Ludovico De Angelis, cui l’egregio Tattoni rivolge un caldo e commovente saluto. Con animo esasperato domandasi il perchè non si sospenda per i giusti quella terribile legge che getta nel lutto tante pacifiche famiglie. Ludovico De Angelis non è morto:il suo genio è più forte del tempo: ora più che mai vive fra noi.” [/quote]

Tratto da “Il Corriere” del 27 Giugno 1900

[/tab] [/tabs]