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Isola si mobilita per aiutare i figli di un migrante in coma

 

Pakistano di 27 anni ospite di un centro di accoglienza colpito da una emorragia cerebrale.
Salvadanai in bar e ristoranti per raccogliere soldi da inviare a moglie e tre bambini.

Nell’Italia dei porti chiusi questa è una storia che racconta altro. La solidarietà di una comunità che si mobilita per raccogliere fondi da destinare alla famiglia lontana di un 27enne pakistano colpito da una emorragia cerebrale. La vita di Arshad Ali, ospite del centro di accoglienza di San Pietro di Isola del Gran Sasso, è appesa a un filo in un letto del reparto di rianimazione dell’ospedale Mazzini. Arshad prima di sentirsi male viveva con i suoi connazionali in uno degli appartamenti messi a disposizione dal centro di accoglienza gestito dalla cooperativa “Salam”.

In questi anni lui e gli altri si sono integrati stringendo svariate amicizie in un paese che si è mobilitato per aiutarlo. L’associazione culturale “Taruss” di San Pietro ha promosso una raccolta fondi, anche online, mettendo salvadanai nei bar e ristoranti del territorio, per aiutare la famiglia lontana del migrante: la moglie, i fratellini e le tre figlie di 10, 6 e 3 anni. «Nel 2016 Arshad è scappato da un villaggio sulle montagne del Pakistan presidiato dai talebani e ha raggiunto l’Italia a piedi», racconta Fabrizio Sfrattoni, presidente “Taruss”, «ha avuto una vita dura, sopportando le angherie e le violenze dei talebani e dell’esercito perché quando si è in guerra non ci sono regole. E qui ha ripreso in mano la sua vita, felice di poter mandare un aiuto economico ai suoi cari».

Come i suoi amici Arshad da qualche mese presta servizio nella cooperativa di agricoltura e legnatico “Brancastello” percependo uno stipendio che ogni mese invia a casa. E che ora non potrà inviare. « Per questo abbiamo deciso di raccogliere i fondi e inviarli a scaglione alla moglie», prosegue Sfrattoni , «quello che più mi ha colpito è che quelle persone che avevano criticato e protestato per l’arrivo dei migranti a San Pietro sono state le prime a preoccuparsi per lui».

Arshad simbolo di integrazione e solidarietà. «I ragazzi si sono ben ambientati qui e Arshad è felice», aggiunge Eleonora Di Sabatino, psicologa del centro, «ha il suo lavoro e il diploma di italiano. È riservato, timido, molto educato e ha gli occhi di chi ne ha passate tante, ma si è ben ambientato stringendo amicizie con tante persone del posto e restando unito ai suoi amici venuti come lui da lontano». Quegli amici che lo hanno soccorso quando si è sentito male e che ora gli sono vicini dalla sala d’aspetto dell’ospedale insieme a tanti isolani. «Arshad e i suoi amici hanno aperto le menti di Isola e in questo momento tragico abbiamo scoperto, con commozione, il grande affetto che la gente del paese dà loro, una scommessa dell’integrazione che è stata vinta» conclude Simona Fernandez, presidentessa della coop “Salam”.

Fonte: Il Centro